Cenni Storici

Comune in provincia di Ascoli Piceno con territorio collinare tra i 189 e i 447 metri di altitudine, Servigliano è il piano degli Appennini. La sua fondazione viene attribuita a Publio Servilio Rullo, tribuno di Gneo Pompeo il Grande (I secolo a.C.). In realtà, resti di villa romana repubblicano-imperiale sono venuti alla luce nell’area occupata dall’ex convento dei Minori Osservanti e dell’annessa chiesa di Santa Maria del Piano. La valle del Tenna risulta però già frequentata nel periodo villanoviano (II millennio a.C.); mentre la coltivazione della vite, dell’ulivo e dei cereali si diffonde stabilmente sulle colline circostanti in epoca dei Piceni. La sistemazione agricola dell’attuale territorio di Servigliano avviene dopo il 30 a.C., quando Ottaviano assegna ai veterani le fertili terre della media Valtenna e sorge Falerio Picenus. Resti di costruzione romana in opus cementitium sono visibili lungo la provinciale Matenana, nel tratto che conduce a Curetta, la frazione che più direttamente conserva l’eredità dell’insediamento alto medioevale. Qui, attorno all’anno Mille, si sviluppò un vivace castello dipendente da Fermo, in grado di controllare gli abitati delle colline sottostanti.

Intorno al 1758, la collina cominciò a franare in maniera inarrestabile causa infiltrazioni d’acqua. Fu necessario abbandonare il vecchio incasato e ricostruire ex novo il paese in piano, in prossimità del convento dei Minori Osservanti, dove fin dal ‘300 si svolgevano ogni anno (in marzo, agosto e settembre) fiere di grande richiamo, con affluenza di mercanti provenienti da oltre i confini dello Stato Pontificio. La Comunità cominciò a rivolgere una lunga serie di suppliche alla Congregazione del Buon Governo e al Pontefice per denunciare la situazione di disagio che si era creata sole citando un intervento e la nomina di un architetto. Prima di giungere all’ipotesi del trasferimento dell’abitato erano state avanzate varie proposte da parte degli architetti Orlandi e Marchionni e intanto la Comunità proponeva una nuova supplica all’autorità pontificia. Era suggerita nell’istanza la possibilità di trasferire in altro sito l’abitato indicando con precisione il luogo; il prato della fiera, nei pressi del convento dei frati minori osservanti. L’ipotesi del trasferimento era già stata avanzata quando nel 1769 Papa Clemente XIV inviava come tecnico a Servigliano Virginio Bracci. Questi nella relazione del 1769 sembra raccogliere le istanze della Comunità e prende in esame l’idea di cercare altro sito più stabile ove trasportare il castello, soluzione preferita alla complessa opera di bonifica idraulica e restauro dell’abitato, ormai in rovina. Era confermata anche la scelta della località ove far sorgere il nuovo borgo, quella detta della Madonna del Piano situata in pianura a circa 4 Km da Servigliano vecchio, nel vasto prato di fronte al convento dei francescani ove si tenevano 3 volte all’anno le fiere. L’opera fu iniziata non più tardi della primavera del 1772 anche perché atto di fondazione della nuova città fu il Chirografo; firmato da Clemente XIV nel 1771, definiva le modalità e i tempi della ricostruzione del nuovo castello a cui sarebbe stato dato il nome del pontefice. Il documento istitutivo del nuovo centro fu accompagnato da un secondo Chirografo per la costruzione di una parrocchia nelle vicinanze di Servigliano diruto. L’impianto urbanistico che ne scaturisce è un tipico frutto della cultura illuministica settecentesca, il suo modello costitutivo è semplicissimo, un quadrilatero che si avvicina molto al quadrato. La forma della pianta è simile a quella del castro polibano di cui Servigliano riproduce alcuni elementi: il Cardo, che unisce le 2 porte laterali, Clementina e Pia, e il Decumano (o asse principale) rappresentato dal Corso Vecchiotti che conduce alla collegiata. Il progetto della nuova Servigliano rimanda per il suo impianto alle sperimentazioni che la cultura illuministica e razionalizzatrice del ‘700 effettuò in ambiti e contesti diversi: si pensi molte città calabresi a matrice quadrata, a centri come Oppio e Filadelfia..

Più somigliante al modello serviglianese è un’altra città dello Stato della Chiesa legata all’attività produttiva del sale, la nuova Cervia. Sorto sul piano della fiera Servigliano continuò a mantenere questo suo ruolo di punto di incontro e di scambio delle popolazioni circostanti, delle carovane provenienti dall’Appennino e dal Regno di Napoli.

Il nuovo paese, che fino all’11 gennaio 1863 portò il nome di Castel Clementino, si sviluppa su un impianto urbanistico quadrangolare, neoclassicamente compatto ed armonico, pressoché unico nel suo genere, programmato ed eseguito in un quadrilatero di metri 144 per 137. Il palazzo municipale e la collegiata di San Marco sono contornati da edifici gentilizi; mentre le abitazioni a schiera degli artigiani delimitano il castello, cui si accede da tre porte. All’interno, il geometrico assetto viario, confluente in piazza Roma, ripete il sistema romano di decumani e cardi, ed apre al visitatore scorci suggestivi, ravvivati dalle calde tonalità del laterizio. Si tratta di un complesso urbanistico di tutto rilievo, ricco di fascino e di sorprese. Per maggiori informazioni puoi sempre contattare con serviglianoonline.it.

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