Campo Di Prigionia

Servigliano online fornisce dettagli sulla storia della regione. Dal 1916 e fino al 1943 Servigliano ha avuto importanza anche per il campo di concentramento prigionieri di guerra. Questo, dal 1944 al 1955, fu trasformato, poi, in centro raccolta profughi che superarono le 5000 unità nel periodo di massima accoglienza. Qui furono ospitati prima i profughi sloveni (dal 2 settembre 1946 al giugno 1947), di seguito, dal 20 settembre 1947, profughi giuliani, istraiani, dalmati specialmente da Zara, fino alla chiusura nel 1955. Non dimentichiamo che nel 1944 vi furono internati ebrei che trovarono valido aiuto anche morale dall’allora arciprete parroco don Oreste Vizzi. Ora gli spazi interni di detto campo sono stati sgomberati dalle baracche e resi funzionanti per varie attività sportive con la palestra inaugurata il 30 dicembre 1997 dotata di ogni conforto. Alcune baracche dell’ex campo di prigionia restano all’esterno del recinto sud ed ovest.

Da: CENNI STORICI SU SERVIGLIANO” – Fermo 1968

(di Giuseppe Oreste Viozzi)

UN CAMPO PER PRIGIONIERI DELLA GUERRA 1914-1919

Un fatto che dal 1915 fino al 1955 ha portato la piccola cittadina di Servigliano al primo piano della notorietà internazionale, è stato il CAMPO PRIGIONIERI Dl GUERRA e successivamente CENTRO RACCOLTA PROFUGHI.

Il 24 maggio 1915 quando già fin dall’Agosto del 1914~ divampava feroce la guerra, fra diverse nazioni d’Europa, l’Italia entra anch’essa in guerra contro’ l’Austria Ungheria, mentre nell’Agosto successivo la dichiara alla Turchia, alla Germania ed ai paesi dello scacchiere balcanico. In tal modo tutta l’Europa è in conflitto, schierata in due parti. E’ la cosiddetta Prima Guerra Mondiale, 19141919. Non è nostro compito accennare qui, anche sommariamente, a questo complesso e tragico avvenimento dei primi anni del ventesimo secolo. Ne parla la storia. Crediamo però conveniente mandare alla memoria il ricordo del “Campo Prigionieri” appunto perché esso ha relazione con Servigliano.

Non ci consta il motivo: se per disposizioni superiori o se per iniziativa di qualche influente personaggio della vita locale che intendeva dare incremento al nostro paese; anche a Servigliano venne costruito un grande accampamento per accogliere gli eventuali prigionieri di guerra.

Il luogo scelto fu la immediata periferia del paese stesso, lato mezzogiorno, lungo la via per Amandola. Furono espropriati, a diversi privati, circa tre Ettari di Terreno, e vi si costruirono più di 40 baracche in legno, ognuna dell’ampiezza di 500-600 metri quadrati, oltre a tutti gli altri numerosi locali per servizi ed alloggi di militari di vigilanza al Campo. Le baracche erano capaci di ospitare circa 10.000 prigionieri, ma tale numero non sembra sia stato mai raggiunto.

Ad ogni modo, a meno di un anno dallo scoppio della guerra, le costruzioni e le relative attrezzature erano ultimate nell’Agosto del 1916, vi affluirono i prigionieri. Il primo Comandante del Campo fu il Ten. Colonnello Cav. Antonio Simoni da Firenze. Fra i Sacerdoti incaricati all’assistenza religiosa dei prigionieri, crediamo segnalare il Sac. Marcello Mimmi, ViceParroco di una Parrocchia di Bologna, poi Rettore del Seminario Interregionale di quella città, in seguito Vescovo di Crema, quindi Arc. di Bari, poi Cardinale Arciv. di Napoli ed infine Segretario della S. Congr. Concistoriale e morto a Roma nel 1962. I prigionieri furono generalmente di nazionalità austro-ungarica, turchi, serbi, ecc. Anche le religioni professate erano diverse. Durante il funzionamento del Campo, ve ne morirono ventidue per malattie varie. I loro cadaveri furono sepolti nel Cemetero comunale del paese. Di essi, soltanto uno, cioè il Ten. Colonnello Gergò Vittorio de Kormand, oriundo da Budapest, venne riesumato ed il 17 Ottobre 1925, fu trasportato in Ungheria, mentre i resti di tutti gli altri, durante una esumazione generale delle salme del settore, vennero deposti nella tomba comune senza nessun segno di riconoscimento. Il Campo fu sgomberato definitivamente e chiuso per tutti, nel mese di dicembre del 1919.

Così aveva termine la prima parte, diciamo, della storia di questo Campo, che nello spazio di tre anni, tante miserie e tante lacrime aveva visto degli infelici prigionieri di quella guerra che innumerevoli distruzioni, di uomini e di cose, portò in tutto il mondo: milioni di morti e di mutilati; miliardi, senza fine, di danni.

IL CAMPO DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE

Come abbiamo detto, alla fine del 1919 venne definitivamente chiuso, pur rimanendo tutta la sua attrezzatura intatta e in assetto di piena funzionalità.

Nel 1935 il demanio dello Stato che ne deteneva la proprietà tentò di vendere tutto il Campo, ma non vi furono acquirenti, di modo ché ne cedette, a basso prezzo, una parte, al Dopolavoro Comunale (Ente ricreativo creato dal fascismo), che rivendendolo, ci attrezzò locali in paese, ed in parte lo destinò a un vasto campo sportivo. Nelle baracche rimaste il Governo sistemò un deposito di materiale bellico e cannoni, che poi vennero inviati nella guerra di Spagna (1938-1939).

Nel 1940 era già scoppiata la seconda guerra mondiale ed anche l’Italia (insieme con la Germania, Austria e Ungheria, ecc. contro l’America, Inghilterra ecc.) era entrata in guerra nel Giugno del 1940. E così, nel Dicembre di questo anno, la parte rimasta libera del Campo, venne in fretta riattivata alla meglio per accogliere nuovamente prigionieri di guerra. Infatti il 5 Gennaio 1941 fu riaperto ufficialmente, con l’arrivo del Corpo di Guarnigione. Nel febbraio successivo, arriva il primo nucleo di prigionieri di guerra, Greci, ed in pochi mesi si raggiunge il numero di 3.000. Il 27 Luglio dello stesso anno, inviato dalla S. Sede, si reca in visita ufficiale al campo, S.E. Rev.ma Mons. Borgoncini Duca, Nunzio Apostolico presso il Regno d’Italia. Fu naturalmente accolto con tutti gli onori dovuti al suo grado, molto festeggiato anche dai prigionieri, quantunque appena il 10% fossero di religione cattolica, ed il rimanente “ortodossi”, o di altre religioni. Parlò loro in lingua francese, conosciuta dalla quasi totalità. A nome del S. Padre lasciò vari doni e somme di denaro per miglioramento “rancio”. Erano molto disciplinati e perciò trattati con molta umanità; nessuna misura di rigore fu presa nei loro riguardi. L’assistenza religiosa, in un primo tempo, veniva disimpegnata dall’Arciprete-Parroco del luogo Don Oreste Viozzi, ed anche tutti gli “ortodossi” assistevano alla celebrazione della S. Messa. Nel mese di Giugno poi, venne in paese, quale internato politico un “Pope”, Sacerdote ortodosso, Rettore della chiesa ortodossa a Napoli. Allora l’assistenza per gli Ortodossi venne fatta dal Pope stesso, mentre per i cattolici, continuò il Parroco don Viozzi. Entro il mese di dicembre, sempre dello stesso anno 1941, il Campo si vuota dei prigionieri greci, i quali vengono in parte rimpatriati, altri inviati a lavorare in Sardegna ed un forte contingente viene mandato nel Campo di Cairo Montenotte, in provincia di Savona.

23/1/1941: Ricamo su tela di alcuni prigionieri di guerra greci donato con gratitudine al Carabiniere Pazzarelli Eugenio, addetto alla sorveglianza del campo Prigionieri di Guerra di Serviglianzo (AP)

ARRIVANO I PRIGIONIERI DELLE NAZIONI ALLEATE

Rimasto dunque libero il Campo, con la partenza dei prigionieri greci, esso viene subito preparato per accogliere i prigionieri delle Nazioni alleate (Inglesi, Americani, ecc). I primi contingenti arrivarono nel febbraio del 1942. In seguito, complessivamente, raggiunsero il numero di 2.000. Di essi appena il 10% erano cat- tolici, ed altri Protestanti.

Il 6 Settembre pure del 1942, accolto con gli onori dovuti al suo grado, è in visita ufficiale al Campo, S.E. Mons. Antonio Giordani, Vescovo della G.I.L (Gioventù Italiana del Littorio – organizzazione giovanile creata dal Fascismo), che amministra la Cresima a 12 prigionieri convertiti alla religione cattolica. Da questo tempo la vita del Campo, si svolge più o meno normale (eccetto i tentativi di fuga da parte di alcuni prigionieri), fino alla data dell’armistizio, Settembre del 1943. I prigionieri subivano frequenti cambi, ma erano sempre: Americani, Inglesi e dell’Isola di Cipro. Avvenuto l’armistizio dell’Italia, con gli Alleati, i circa 2.000 prigionieri, nella notte del 14 Settembre 1943, temendo, da un momento all’altro, l’arrivo delle truppe Tedesche, che dal Sud risalivano verso il Nord, si dispersero nelle campagne e paesi vicini, ed ivi rimasero nascosti fino alla completa liberazione, ossia fino al 14 Giugno 1944. Nelle famiglie coloniche, in modo speciale, essi trovarono cordiale e generosa ospitalità, in parte poi ricompensata alla fine della guerra. Intanto alcuni militari di Reparti Tedeschi, prendono possesso del campo e nei giorni 3-4-5 Ottobre asportano parecchie centinaia di pacchi, appartenenti ai prigionieri inglesi. Due civili italiani (marito e moglie), che tentano di prendere anch’essi del materiale, vi trovano la morte da parte dei Tedeschi stessi, ormai padroni del campo. Verso la fine di Ottobre, sempre del 1943, vengono raccolte nel Campo, alcune decine di Ebrei, qui internati, che nel mese di Dicembre raggiungono il numero di circa 200. In questi giorni fa loro visita S.E. Mons. Norberto Perini, Arcivescovo di Fermo, che li conforta con la parola, e lascia in dono una certa somma di denaro. Così siamo ai principi del 1944; nel mese di Febbraio vi vengono internati circa 300 maltesi-tripolini, che insieme ad altri 4.000, da circa 2 anni, si trovano in Italia, provenienti da Tripoli. Questi, quantunque emigrati da secoli dall’isola di Malta, loro patria di origine, tenevano ancora la cittadinanza inglese, nonostante che nella lingua, nella religione (esemplari cattolici) e nello spirito. si sentissero veramente italiani. Erano divisi in circa 70 famiglie, con componenti di ogni età. A mano a mano che il fronte di guerra avanza verso di noi, in questa primavera affluiscono al Campo, ogni giorno, altri Ebrei e parecchi Cinesi. Il 3 Maggio, alle ore 22,30, il Campo viene bombardato da un aereo di ignota nazione. Si seppe più tardi che esso era inglese ed aveva sorvolato il Campo per dare l’allarme e mettere lo scompiglio e fare in modo che gli Ebrei si dessero alla fuga, essendo imminente l’arrivo di automezzi tedeschi, per prelevarli e farli uccidere. Fra gli internati di Tripoli, si ha un morto ed alcuni feriti. Dopo questo fatto tutti fuggono dal Campo e gli Ebrei, a conoscenza forse del loro pericolo, si rifugiano nei luoghi circostanti. Al mattino del 4 Maggio, parecchi automezzi tedeschi sono dinanzi al Campo, per caricare gli Ebrei dei quali parleremo fra poco. Una settimana dopo, tutti indistintamente. debbono rientrare al Campo. Il 4 Giugno Mons. Norberto Perini, Arcivescovo. di Fermo, fa nuovamente una visita al Campo ed amministra la S. Cresima a circa 13 bambini maltesi-tripolini. In questo stesso pomeriggio giunge notizia che i Tedeschi hanno lasciato libera Roma. Dal 14 al 18 sono giorni di ansia e trepidazione per tutti, a causa del passaggio delle truppe tedesche, che si ritirano verso il nord. Fuga dei giovani verso le campagne, tentata requisizione di bestiame e generi, ostruzione delle strade, nascondimenti di apparecchi radio per ascoltare clandestinamente le notizie degli avvenimenti che precipitano verso l’epilogo. La grande piazza del paese è letteralmente occupata, per tre o quattro giorni, dai grandi automezzi tedeschi, che hanno posto i loro Uffici nel Palazzo Comunale. Ciò nonostante la popolazione si mantiene calma e non tenta nessuna inutile reazione, perciò non si verificarono incidenti di rilievo, mentre indisturbati transitavano automezzi, cavalli e truppa, affluendo dalla strada di S.Vittoria e da Amandola, dirigendosi verso l’interno, via Macerata, Foligno, ecc. Un solo caso deplorevole ed inumano è da ricordare: I’uccisione dell’ebreo Schlaf Jesael Isidor, barbaramente trucidato ad un Km. da Servigliano, lungo la strada Matenana, per il solo motivo che vennc riconosciuto di razza ebraica. In precedenza preparato e minato, sotto gli occhi dei cittadini, è fatto saltare la sera del 19 Giugno, alle ore 21,30, il monumentale ponte sul Tenna, per quasi un terzo dei suoi pilastri, dalle truppe tedesche disordinatamente in ritirata verso il nord. Una grande emozione, in quella storica sera di Giugno (1944), invase tutti gli spettatori, che finalmente si sentirono liberi e sicuri. La guerra per noi era finita! Unici internati, rimasti nel Campo, erano i maltesi-tripolini, che, dopo un naturale sbandamento avvenuto anche per loro, il 22 Giugno rientrano nelle loro baracche ed il 17 Luglio, su più di 30 automezzi, vengono trasportati a Bari e da qui imbarcati per la loro Tripoli d’Africa. Così il Campo ritorna nuovamente semideserto, custodito da un minuscolo Corpo militare di guardia; ma questo silenzio è di breve durata, perché sarà presto riattivato e si denominerà “centro raccolta profughi”. In otto anni, passarono dai 40 ai 50 mila profughi che gradatamente venivano immessi nella vita civile e nelle varie attività della Nazione. Fino al 1955, la vita del Centro profughi si svolge su questa alternativa di profughi che vengono e profughi che vanno.

PER 40 ANNI Sl DIVERSE

Anche il Centro Raccolta Profughi ha definitivamente concluso e speriamo per sempre, la sua attività. A noi che abbiamo visto, ed almeno spiritualmente, vissuto questa tragedia morale del Campo, si impone una conclusione a queste note di cronaca. Dai prigionieri della prima guerra mondiale (1915-1918), a quelli della successiva (1940-1944), alle migliaia di internati politici, ed agli altrettanti profughi civili stranieri ed italiani, succedutisi nel lungo arco di tempo di 40 anni, quante lingue diverse hanno udito le annose baracche; quanti sospiri e quante lacrime, nelle interminabili notti insonni, al pensiero dei parenti lontani, oltre i monti, oltre i mari, a migliaia di chilometri! Qui si vedevano morire, senza lo sguardo e la carezza materna, sopra una nuda branda da campo, e sepolti in una fossa comune… che non era quella della propria Patria” del proprio paese nativo… ove dormivano i loro cari! “Sunt lacrimae rerum…” anche le cose piangono…! Orgoglio… ambizione… pazzie… di Capi, portano a quella abominevole cosa che è la Guerra, inutile strage di popoli e Nazioni! Tutte queste brutte cose… díce ai posteri il Campo prigionieri e Profughi di Servigliano, ed insieme ad esso i tanti e tanti altri d’ltalia, fino ai più tragici, più disumani, ed obbrobriosi di Europa, e del mondo in guerra…! 11 mondo ha perduto la coscienza e l’idea delle leggi divine della umana fratellanza. Le attrezzature in legno, dopo 40 anni, abbandonate a se stesse, stanno subendo la sorte del tempo, che tutto distrugge. Forse presto il cumulo di dolorosi e tragici ricordi sarà tutto raso al suolo, e ritornerà a rifiorirvi la vita e l’umano lavoro.

GLI ISRAELITI NEL CAMPO PROFUGHI Dl SERVIGLIANO

Non risulta che, almeno nelle Marche, gli Ebrei siano stati concentrati, in numero tanto rilevante, come a Servigliano, durante la seconda guerra mondiale. I primi israeliti, confinati a Servigliano, giunsero il 30 Ottobre 1940, altri arrivarono nel Dicembre successivo, e fino al Settembre 1943, raggiunsero il numero di 20-25. Le cose però cambiarono dopo 1’8 Settembre 1943, quando essi da confinati, divennero internati, sotto speciale vigilanza e racchiusi nel Campo, allora lasciato libero dai prigionieri inglesi, datisi alla fuga in seguito alle cessate ostilità. Altro gruppo di Ebrei qui trasferito dal Sud (non ci risulta la esatta località di provenienza) giunse nell’Ottobre-Novembre 1943. Erano in numero di circa 70. L’inverno 1943-44, si presentò molto rigido, ed essi dovettero soffrire le dure conseguenze, anche perché alloggiati in vecchie e logore baracche di legno (costruite nel 1915), su giacigli preparati alla meglio e riscaldati solo da qualche coperta. Anche la popolazione del luogo, specie le Associazioni religiose, davano gli aiuti loro possibili. Si favoriva la clandestina evasione dal campo, come avvenne, nell’aprile del 1944, per la famiglia dell’ingegnere Ettore Viterbo, già Capo dell’Ufficio del Genio Civile di Venezia ed Ufficiale mutilato della guerra del 1915-18. Alle 22,30 del 24 marzo 1944, un gruppo di patrioti irruppe nel Campo per tentare la liberazione degli internati, specialmente Ebrei, che correvano sempre i maggiori pericoli. Nella quasi totalità, però, si rifiutarono di evadere, nella incertezza di trovare un ricovero anche per il fatto che le campagne limitrofe, erano piene di prigionieri inglesi, fuggiti dal Campo nella notte dell’8 Settembre 1943, per cui i civili non avrebbero potuto sopportare, anche volendo, il peso del loro mantenimento. Uno strano lancio di “spezzoni”, a mezzo di misterioso aeroplano, si verificò nelle prime ore della notte dei 3 Maggio 1944; nel campo vi fu un morto e qualche ferito. Si venne poi a sapere che l’aeroplano, di nazionalità inglese, era ivi sorvolato per dare l’allarme e mettere in fuga anche il corpo di guardia italiano, data la imminente cattura degli Ebrei da parte dei Tedeschi. E ciò si verificò purtroppo il giorno successivo 4 Maggio. li Campo intanto nella notte venne completamente evacuato e gli Ebrei (oltre 150) fuggirono quasi tutti, perché nell’incalzare degli avvenimenti e nel timore di essere presi, cercavano di mettersi in salvo altrove. Alcuni rimasero nell’abitato dei paese, mentre la maggioranza si rifugiò nelle vicine case coloniche. Come si temeva, alle ore 10 dei 4 Maggio, giunsero al Campo alcuni automezzi tedeschi e, vedendolo vuoto, si riversarono alla caccia degli Ebrei, nelle case dei paese ed abitazioni,,Iimitrofe. Favoriti anche da segnalazioni e tradimenti, riuscirono a catturarne 25-30, che, caricati in modo inumano su di un autocarro, vennero portati verso il nord e senza dubbio trucidati, come si può desumere dal fatto che restarono sempre senza loro notizie i rimasti a Servigliano; anche la Croce Rossa Svizzera, che chiedeva insistentemente notizie dell’Ebreo Maurizio Hauser, con la moglie e quattro figli, non ebbe nessuna risposta, mentre risultava che anche essi erano stati caricati sul tragico convoglio della morte. Dopo il bombardamento dei 3 Maggio e la deportazione di numerosi Ebrei, tutti gli internati furono invitati a rientrare nel Campo. E molti Ebrei ubbidirono anche per il fatto che non era loro facile trovare fuori un modesto vitto ed alloggio. Il giorno 29 Maggio sempre dei ’44, viene portato nel Campo un altro gruppo di 60 Ebrei, provenienti dal Concentramento di Corropoli (Teramo). Fra essi si trovavano persone distinte per cultura, posizione sociale, nonché per uffici pubblici in precedenza ricoperti in Italia ed all’estero da dove, per la maggior parte, provenivano. La sera dal 7 all’8 Luglio 1944, un forte numero di Patrioti irrompe nel Campo e ne ordina la completa evacuazione che avviene in poche ore e senza incidenti di sorta. Ormai il Corpo di Guardia, addetto all’ordine dei Campo, si era dileguato. Cos’i gli israeliti si disperdono per diverse destinazioni. Alcuni chiedono al Parroco lettere di raccomandazione, che vengono loro ben volentieri rilasciate. La nostra cronistoria ci porta alla sera dei 14 Giugno, quando inizia il passaggio delle truppe tedesche in ritirata verso il nord. Data la posizione geografica di Servigliano, situato alla confluenza delle più importanti strade della Provincia,qui transitano le truppe che vengono da Ascoli Piceno, S. Vittoia in Matenano ed Amandola, nonché da altre vie secondarie, per inoltrarsi nelle zone interne. Qui vi insediano un specie di Quartiere generale, con sede di un Comando, e vi rimangono per quasi una settimana, per regolare la ritirata delle truppe. Nella notte dei 16 Giugno, ad un Km. dall’abitato, è trovato barbaricamente trucidato l’ebreo Schiaf Jesael lsidor, dell’Alto Adige. Era persona semplice ed innocua, che dal Campo si era rifugiato in un casa colonica dei contado, ma le truppe tedesche lo uccisero solo perché ebreo. Con difficoltà fu possibile ottenere dal Comando tedesco il permesso per il suo seppellimento nel Cemetero Comunale. Il giorno 19 Giugno tutte le truppe tedesche sono già oltre il Tenna (a 200 metri dal paese), ne fanno saltare il ponte che aveva importanza architettonica. GI.i Ebrei dispersi ritornano in paese ed anche nel Campo per procurarsi un alloggio, ma poi, in pochi giorni, raggiungono altre destinazioni. Anche ora il Parroco consegna loro lettere di presentazione e raccomandazione; essi le gradiscono, come hanno dimostrato i ringraziamenti in seguito inviati.

 

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